Mi tocca immaginare
Festival belli e altro
Mi tocca immaginare
che i vestiti nell’armadio sono liane
e nella mia testa tutta la foresta
(Matteo Alieno, Rallentare)
Nei giorni scorsi sono stata al NOAM a Faenza e al MUBI fest a Roma e ho visto solo film belli. Ho immaginato molto, dentro e fuori dai cinema, grazie a selezioni che sembravano curate intorno ai miei interessi e in compagnia di persone con cui è stato facile ritrovarsi. E ho rallentato il tempo, almeno per un po’.
Al NOAM ho visto l’esordio del 2013 di Eliza Hittman, super ospite dell’edizione e regista di Beach rats e Never rarely sometimes always. S’intitola It felt like love e segue un pezzo di vita della giovane Lila, pronta a sperimentare la sessualità in un’estate in cui tutti sembrano riuscirci tranne lei. Hittman si sofferma sui corpi, anelati e rifiutati, spesso tagliando i volti dalle inquadrature. Sta nell’esposizione del desiderio, non nella sua repressione (come accade in Beach rats), e lo fa con grande discrezione.
Lo stesso giorno ho visto Sorry, baby di Eva Victor, che penso potrebbe diventare uno dei miei film preferiti di sempre. Mi si è conficcato dentro un minuto alla volta, mi ha riempito, mai invaso. Uscirà al cinema nel 2026, ne riparleremo.
Nei giorni seguenti avrei voluto sdoppiarmi per rimanere a vedere altro, tra cui Rebuilding con Josh O’Connor, Twinless, premiato dal pubblico del Sundance, e Anna Kiri, che sembra proprio una di quelle perle scovate da chi lavora con passione alla programmazione (l’anno scorso con Radical mi avevano steso).
Nel weekend mi sono spostata a Roma per il MUBI fest e, tra l’avvolgente sonorizzazione live di Metropolis e l’ironico live reading di Dramma della gelosia, ho assistito a due schianti emotivi e sonori, ovvero Die my love (uscirà il 27) e Sirat (in arrivo l’8 gennaio), un esordio straziante ma misurato (My father’s shadow), il vincitore di miglior attore + regia a Cannes (L’agente segreto) e mi sono fatta ammaliare dal bianco e nero di La cocina. Quest’ultimo, diretto da Alonso Ruizpalacios, racconta un giorno di lavoro in un ristorante di Times Square attraverso coralità di storie e ritmi diversi. Si muove tra drama personali e professionali, galleggia nello strazio quotidiano. Nel frattempo, qua e là, comparirà una famosa luce verde da invocare.
Dimmi come ti senti/cosa cerchi e ti consiglio un film o una serie
In questo vocale rispondo ad uno dei vostri messaggi (i mittenti resteranno anonimi).
Grazie e al prossimo martedì :)
Elisa
P.S. Ho finito quella meraviglia frenetica di The pitt, ne ho scritto qui.
